lunedì 4 aprile 2016

Sette Piani di Dino Buzzati

"Dopo un giorno di viaggio in treno, Giuseppe Corte arrivò, una mattina di marzo, alla città dove c'era la famosa casa di cura. Aveva un po' di febbre, ma volle fare ugualmente a piedi strada fra la stazione e l'ospedale, portandosi la sua valigetta. Benché avesse soltanto una leggerissima forma incipiente, Giuseppe Corte era stato consigliato di rivolgersi al celebre sanatorio"

L'ospedale sembrava un albergo bianco di sette piani e ,dopo una visita sommaria ,Giuseppe Corte viene ricoverato al settimo piano, quello dei malati meno gravi . Si perché man mano si scendeva si aggravavano le patologie dei pazienti.

"Giuseppe Corte non desiderava nulla ma si mise volentieri a discorrere con la giovane, chiedendo informazioni sulla casa di cura. Seppe così la strana caratteristica di quell'ospedale. I malati erano distribuiti piano per piano a seconda della gravità. Il settimo, cioè l'ultimo, era per le forme leggerissime. Il sesto era destinato ai malati non gravi ma neppure da trascurare. Al quinto si curavano già affezioni serie e così di seguito, di piano in piano. Al secondo erano i malati gravissimi. Al primo, quelli per cui era inutile sperare.
Questo singolare sistema, oltre a sveltire grandemente il servizio, impediva che un malato leggero potesse venir turbato dalla vicinanza di un collega in agonia, e garantiva in ogni piano un'atmosfera omogenea. D'altra parte la cura poteva venir così graduata in modo perfetto.
Ne derivava che gli ammalati erano divisi in sette progressive caste.
Ogni piano era come un piccolo mondo a sé, con le sue particolari regole, con le sue speciali tradizioni. E siccome ogni settore era affidato a un medico diverso, si erano formate, sia pure minime, ma precise differenze nei metodi di cura, nonostante il direttore generale avesse impresso all'istituto un unico fondamentale indirizzo."

Una serie di cause concatenate e motivi pretestuosi fanno sì che Corte venga trasferito nei piani inferiori. Prima il ricovero di una donna che vorrebbe, al settimo piano, tre camere (per lei e i 2 figli), poi gli scrupoli di un medico allarmista, successivamente un eczema che gli appare su una gamba e lo fa scendere addirittura di due piani, poi un errore amministrativo, infine le ferie dei dipendenti: Giuseppe Corte discende così uno dopo l'altro i vari piani della clinica, nonostante le continue proteste nei confronti del personale dell'ospedale e nonostante i medici continuino a ripetergli che non ha nulla di grave. L'ultimo errore lo conduce al temutissimo piano terra, dove le serrande cominciano a chiudersi automaticamente.

 Ovviamente il palazzo di sette piani è una metafora della precarietà della vita,e l'uomo non sa rassegnarsi all'idea della vecchiaia e della morte.
C'è inoltre il senso di sospensione e di inquietudine derivante dall'attesa di un "qualcosa" che non arriva mai (in questo caso ad esempio la guarigione, il riconoscimento medico di sanità fisica e quindi la dimissione dall'ospedale)
Non si può neanche ignorare , la critica  alla casta dei medici,che non ascoltano mai e, rassicurando il paziente o dandone una frettolosa diagnosi,finiscono spesso e volentieri col liquidarlo senza premurarsi di curarlo o di riconoscere le vere ragioni di un male che si aggrava così in modo irreversibile.

Sette piani è un racconto di Dino Buzzati pubblicato originariamente sulla rivista letteraria La Lettura, nel marzo 1937, e successivamente all'interno delle raccolte I sette messaggeri, Sessanta racconti e La boutique del mistero.
Il racconto ha ispirato il film Il fischio al naso, diretto e interpretato da Ugo Tonazzi

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