venerdì 23 ottobre 2015

L'uomo che guardava passare i treni di Georges Simenon

Kees Popinga è un uomo qualunque che lavora come impiegato presso una ditta di forniture navali. Vive a Groninga con la moglie e i due figli e conduce una vita monotona e noiosa.
Una sera  il padrone Julius de Coster gli rivela che presto l'azienda sarà dichiarata fallita e che simulerà il suicidio per non rispondere delle colpe e poter fuggire all’estero. Popinga si vede rovinato, ha perso il lavoro , ma al tempo stesso prova invidia per  la vita sregolata e libertina del suo capo e si rende conto della limitatezza del tipo di vita condotta da lui fino ad allora. Così coglie l’occasione e decide  di scappare alla volta di Amsterdam, intenzionato a recarsi dall’amante di de Coster, l’ entreneuse Pamela. Ma quando Pamela lo rifiuta con una risata  beffarda, sconvolto dalla rabbia, la strangola con un asciugamano:
Lascia Amsterdam per andare a Parigi dove inizia un'esistenza estremamente diversa rispetto a quella sua  piccolo-borghese, frequentando feste,prostitute e piccoli malviventi . Qui dà inizio a una vita errabonda, combattuto tra il desiderio di celebrità e la necessità di eludere ogni controllo. La cosa che più lo interessa è cambiare l’opinione che gli altri hanno di lui, crearsi una nuova identià, Inizia una corrispondenza coi giornalisti che scrivono di lui  e dà informazioni per le indagini del commissario Lucas. Infine, derubato, di tutti i suoi averi, tenta di suicidarsi, ma viene arrestato ed internato in un ospedale psichiatrico.
Come in altri romanzi di Simenon il protagonista appare come una persona normale fino a quando vive nell’ ambiente in cui è cresciuto , ma lontano da esso scatta qualcosa e si trasforma. Kees non accetta più la sua vita e sogna di crearsi una nuova identità libera da vincoli , convenzioni e pregiudizi. Così esce fuori il suo doppio da tempo imprigionato  nel personaggio umile e controllato. .Popinga guarda passare i treni con le vite nascoste dei passeggeri e sogna di prenderne uno e fuggire.
Ma  la vita diversa e senza regole ,a lungo sognata, rivela i suoi limiti e alla fine Popinga si sentirà protetto dentro le mura della clinica, in un mondo tutto suo che gli altri non riescono a penetrare.

mercoledì 21 ottobre 2015

I pesci non chiudono gli occhi di Erri De luca

Uno sguardo nel passato. L'autore si ritrova dopo 50 anni,a scrivere di quando ne aveva 10, la prima volta in cui l'età si scrive con due cifre. A 10 anni si è si è un involucro che contiene ogni forma futura in una taglia minima di scarpe.E' letà in cui si ha fretta di crescere e si ha voglia di aumentare di statura.
L'autore ritorna col pensiero ad un'estate di 50 anni fa, a scuola si era appena passati alla biro. Il ragazzino non ha amici, frequenta solo un pescatore e con lui va a pesca in silenzio.In spiaggia passa il tempo a fare cruciverba, l'officina meccanica della lingua del futuro scrittore che tanta importanza dà alla parola.Nel bambino  c'è già tutto contenuto lo scrittore di oggi.e in quell'estate vive tutto quello che gli serve per capire.Sotto l'ombrellone vicino c'è una bambina che legge libricini gialli. Fanno amicizia e cominciano a fare il bagno insieme, ma questo lo porterà ad essere preso di mira da 3 ragazzi più grandi che lo picchiano.Lui li affronta senza reagire, la prova che crescerà.  Decide di non denunciarli e quando si alza dal letto dopo una settimana è più alto di un centimetro.
La ragazza gli dirà di non poter più uscire con lui al mattino e lui la vedrà passeggiare con i tre che lo hanno aggredito.Oggi l'autore ricorda tutto di quella ragazza tranne il nome.
La difficoltà di quei tempi non era odiare, ma amare.
Aveva ragione Don Chisciotte, l'eroe che continua a lottare nonostante le bastonate e le sconfitte. Niente è come sembra, c'è sempre un doppio fondo alle cose e un'ombra.La sofferenza è necessaria per cresceree bisogna mantenere gli occhi aperrti
Il mare è quello lontano dalle spiagge affollate, è quello silenzioso dei pescatori.
L'amore "Non è una serenata al balcone, somiglia ad una mareggiata di libeccio, strapazza il mare sopra, e sotto lo rimescola."
Il bambino che  non sa usare le mani per difendersi impara a "mantenere", tenere per mano.
"A dieci anni era il mio verbo preferito. Comportava la promessa di tenere per mano, mantenere. Mi mancava. Papà s'infastidiva in città a prendere per mano, per strada non voleva, se provavo si liberava infilandosela in tasca. Era una respinta che mi insegnava a stare al posto mio."


"Avevo raggiunto i dieci anni, un groviglio d'infanzia ammutolita. Dieci anni era traguardo solenne, per la prima volta si scriveva l'età con doppia cifra. L'infanzia smette ufficialmente quando si aggiunge il primo zero agli anni. Smette ma non succede niente, si sta dentro lo stesso corpo di marmocchio inceppato delle altre estati, rimescolato dentro e fermo fuori. Tenevo dieci anni. Per dire l'età, il verbo tenere è più preciso. Stavo in un corpo imbozzolato e solo la testa cercava di forzarlo."

“Se anche tu vedessi quello che vedo io, non chiuderesti gli occhi”.

martedì 20 ottobre 2015

ERRI DE LUCA ASSOLTO!

Questa volta la giustizia ha funzionato ed ha impedito che si facesse una cosa ingiusta: condannare uno scrittore per la parola contraria.

 La richiesta inoltrata alla Corte del tribunale di Torino dal pm Antonio Rinaudo era di 8 mesi per “istigazione alla violenza”in seguito ad alcune dichiarazioni fatte da De Luca sui sabotaggi della Tav.
Invece lo scrittore è stato assolto con formula piena perchè il fatto non sussiste.La decisione è stata accolta dagli applausi di tutta l’aula.
Ero in trepida attesa della sentenza perchè ammiro Erri come uomo e scrittore, ma soprattutto perchè sono per la libertà di pensiero e opinione e ritengo molto pericoloso imbavagliare una voce contraria.

Questa è la dichiarazione fatta in aula da Erri De Luca prima della sentenza, è un discorso bellissimo, lucido e di grande letteratura, le parole di un uomo che ha il coraggio di essere coerente e protestare contro i potenti e il cattivo conformismo. IO STO CON ERRI!

«Sarei presente in quest’aula anche se non fossi io lo scrittore incriminato per istigazione. Al di là del mio trascurabile caso personale, considero l’imputazione contestata un esperimento, il tentativo di mettere a tacere le parole contrarie. Perciò considero quest’aula un avamposto affacciato sul presente immediato del nostro paese. Svolgo l’attività di scrittore e mi ritengo parte lesa di ogni volontà di censura.
Sono incriminato per un articolo del codice penale che risale al 1930 e a quel periodo della storia d’Italia. Considero quell’articolo superato dalla successiva stesura della Costituzione della Repubblica. Sono in quest’aula per sapere se quel testo è in vigore e prevalente o se il capo di accusa avrà potere di sospendere e invalidare l’articolo 21 della Costituzione.
Ho impedito ai miei difensori di presentare istanza di incostituzionalità del capo di accusa. Se accolta, avrebbe fermato questo processo, trasferito gli atti nelle stanze di una Corte Costituzionale sovraccarica di lavoro, che si sarebbe pronunciata nell’arco di anni. Se accolta, l’istanza avrebbe scavalcato quest’aula e questo tempo prezioso.
Ciò che è costituzionale credo che si decida e si difenda in posti pubblici come questo, come anche in un commissariato, in un’aula scolastica, in una prigione, in un ospedale, su un posto di lavoro, alle frontiere attraversate dai richiedenti asilo. Ciò che è costituzionale si misura al pianoterra della società.
Sono incriminato per aver usato il verso sabotare. Lo considero nobile e democratico. Nobile perché pronunciato e praticato da valorose figure come Gandhi e Mandela, con enormi risultati politici. Democratico perché appartiene fin dall’origine al movimento operaio e alle sue lotte. Per esempio uno sciopero sabota la produzione. Difendo l’uso legittimo del verbo sabotare nel suo significato più efficace e ampio. Sono disposto a subire condanna penale per il suo impiego ma non a farmi censurare o ridurre la lingua italiana.
“A questo servivano le cesoie”: a cosa? A sabotare un’opera colossale quanto nociva con delle cesoie? Non risultano altri insidiosi articoli di ferramenta agli atti della mia conversazione telefonica. Allora si incrimina il sostegno verbale a un’azione simbolica? Non voglio sconfinare nel campo di competenza dei miei difensori.
Concludo confermando la mia convinzione che la linea di sedicente alta velocità in Val di Susa va ostacolata, impedita, intralciata, dunque sabotata per la legittima difesa della salute, del suolo, dell’aria, dell’acqua di una comunità minacciata.
La mia parola contraria sussiste e aspetto di sapere se costituisce reato».
E.De Luca