martedì 19 dicembre 2017

L’uomo di Elcito di Maximiliano Cimatti

Ancona ,6 giugno 1866. Il caporale Anselmo Toschi si sveglia di soprassalto , il colonnello Negri vuole parlare con lui. Vuole premiarlo per non aver abbandonato la sua missione in un momento di difficoltà e di essere l’orgoglio del Re. Toschi sa di non meritare nessun elogio e promozione, lui e i suoi uomini si sono accordati di non rivelare cosa sia successo veramente, ma deve dettare ad un soldato il suo memoriale E così inizia il racconto. 
Siamo nell’ inverno del 1866 e nelle Marche si costruisce la ferrovia che collega Roma ad Ancona , simbolo di una modernità che raggiunge anche le zone povere delle Marche. Ilavori sono minacciati dai briganti della zona che contrastano lo Stato e Toschi ,a capo di un gruppo di soldati, viene incaricato di sorvegliare i lavori . In seguito I soldati verranno mandati ad Ancona dove è scoppiata l’epidermia del colera per ripulire la città e riportare l’ordine.Siamo tornati al momento dell’inizio del libro e Toschi ,promosso sergente , riceve un’altra missione che diventerà la sua ossessione: dare la caccia al leggendario brigante Olmo Carbonari.Da questo momento in poi la caccia del sergente Toschi diventa un viaggio dentro se stesso e la natura umana, Anselmo metterà in discussione le sue certezze e il suo senso di libertà e giustizia. Verrà a galla il suo passato con il rapporto con il padre , emergerà l’ umanità degli uomini che si confrontano con  la paura della morte , la delusione dei sogni infranti , l’amicizia con i compagni, il rapporto con i capi e i nemici. Il brigante vive ad Elcito, un posto piccolo e sperduto alle pendici del monte San Vicino. L’ asprezza  dei luoghi fa da sfondo alla durezza dei sentimenti e del genere umano. Come Kurtz di Cuore di Tenebre di Conrad, Olmo Carbonari  è diventato il capo di una comunità di uomini liberi  e il viaggio per trovarlo è  una discesa nel buio dell’ uomo.La realtà non è mai quella che sembra e cosa succede se sacrifichiamo tutto al raggiungimento di un nostro obiettivo e ci costruiamo intorno una realtà nostra, adatta ai nostri ideali e regole?

Libro molto bello e ben scritto,  si fa leggere con piacere e interesse pagina dopo pagina. Avevo delle perplessità iniziali rispetto al tema e invece l’ho divorato. Consigliatissimo.

venerdì 11 agosto 2017

Maria di Isili di Cristian Mannu

Storia di Sardegna, di tempi andati e presenti, di donne forti e amareggiate, di amori,il tutto raccontato dalla voce dei protagonisti, ognuno in un capitolo come monologhi col lettore. Partendo da Maria , ogni protagonista racconta la sua versione e il lettore piano piano ricostruisce le vicende e le relazioni , i segreti e le verità, fino a concludere il cerchio con un'altra Maria, nipote della prima. Ad Isoli gli uomini lavorano, bevono e giocano, le donne cercano di decidere il loro destino e imparano a seguire i propri impulsi.pagano le proprie colpe.Ad Isili le generazioni cambiano e forse serve del tempo per dimenticare i torti subiti e ricominciare a sperare in una vita serena e migliorerà a riconciliarsi con la propria terra e le proprie radici. Il tema principale è l'amore in tutte le sue forme e mancanze; la  difficoltà di amare i figli, matrimoni sbagliati e amori forti , irresistibili e impossibili, amori segreti e taciuti. Sullo sfondo una Sardegna piena di colori e profumi, di papaveri viola tanto amati da Maria. Un libro piacevole, che scorre dando tante emozioni.la scelta di far parlare ogni personaggio che racconta il proprio punto di vista e aggiunge sempre qualche informazione preziosa tiene il lettore attaccato alla pagina e lo spinge a riprendere in mano il libro per continuare a leggere. Mannu usa diversi registri, ci sono alcuni racconti più crudi e realistici, altri più teneri e commoventi e ogni protagonista racconta con il suo linguaggio che rivela la sua estrazione sociale. La balia nel primo capitolo si esprime in dialetto e chiede al lettore se puà capirla.
 Ottimo esordio per Cristian Mannu che con questo romanzo vince il premio Calvino, il più importante premio per autori esordienti. 

Maria di Isili
Cristian Mannu
Editore Giunti

venerdì 5 maggio 2017

La Minaccia di Anne Holt


Oslo, aprile 2014. Quando una bomba esplode nei locali del Consiglio islamico per la cooperazione uccidendo 26 persone, i primi sospetti della polizia e dei servizi segreti si concentrano sulla pista islamica. L'esplosione avviene a poca distanza da Hanne  Wilhelmsen, un l'ufficiale  di polizia che si è ritirata dalla scena in seguito ad una sparatoria che l'ha costretta su una sedia a rotelle. Ora le vengono affidati dei cold case e proprio partendo da un vecchio caso insoluto della scomparsa di una ragazza avvenuta diversi anni prima , Hanna scopre una pista sorprendente  collegando  dei dettagli  che si rivelano molto importanti.Il disegno che inizia a intravedere è dei piú inquietanti. Un cappio di odio, vendetta e razzismo che minaccia, fatalmente, di stritolare la cittHanne, che ha ripreso a lavorare su una serie di cold cases, Chi può essere interessato a organizzare attentati contro mussulmani ormai integrati nella realtà scandinava? O estremisti islamici o estremisti di destra xenofobi e razzisti che vedono nei mussulmani una minaccia alla nazione.Anne Holt affronta un tema di attualità evidenziando le paure  e le ansie dellEuropa dei nostri giorni. La paura del diverso e di perdere una identità nazionale, la paura di non vivere sicuri e la paura che l'odio possa sopraffare la nostra umanità.. Lo fa con un intreccio ben costruito e personaggi numerosi ma ben delineati . Le storie personali si intrecciano con i fatti di violenza e terrorismo. Le  parti piu noiose e ripetitive sono quelle che vedono l'inefficienza della polizia, mentre interessanti sono quelle di Hanne, di Henri ,lo strano e nevrotico poliziotto che le viene assegnato come aiuto per risolvere i cold case e che si rivela più attento e intelligente di quanto possa apparire, la storia di un ex collega di Hanne che ha problemi con il figlio e la storia di un handicappato che alleva piccioni.Tutte queste storie che sembrano scollate all'inizio troveranno gradualmente dei fili che le collegheranno fino ad un finale aperto a diverse interpretazioni. Il risultato è un bel giallo che mette ancora una volta in evidenza le contraddizioni di una Norvegia che forse a torto siamo portati a pensare come ad una Nazione perfetta e civile


mercoledì 19 aprile 2017

Nel guscio di Ian McEwan

Nel guscio è la storia di un triangolo, quello tra Trudy,suo marito John Caincross, editore e poeta e Claude, l'amante di lei e fratello di lui, agente immobiliare senza troppi scrupoli. Le cose si complicano e sono destinate a finire male quando Trudy e Claude progettano di uccidere John per appropriarsi della casa di lui . Testimone di tutto ciò  e voce narrante  è il feto nel ventre di Trudy, nel guscio appunto, il bambino che lei sta per avere dal marito. Il bambino non può vedere ma sente e interpreta per noi ciò che succede all'esterno del guscio.
Ma non si tratta solo di una storia di omicidio, dopo un po' ci accorgiamo dei tanti riferimenti a Shakespeare e ad Amleto per la precisione. Trudy non è altro che Geltrude, Claude è lo zio Claudius che uccide il re Amleto per usurparne il trono. E ovviamente il feto è Amleto e come lui medita vendetta e troverà il modo per incastrare i due assassini.
“L’odio per mio zio supera forse l’amore per mia madre. Punire lui potrebbe essere piú nobile che salvare lei. Ma non è escluso che si riesca a ottenere entrambe le cose.”

A testa in giù protetto dal liquido amniotico e alimentato dalla placenta che gli fa arrivare anche i fumi dell'alcol bevuto dalla madre, il feto percepisce e sente gli odori i rumori e i movimenti della realtà che lo circonda e della quale tra poco farà parte. È un eroe tragico moderno che si dibatte nel dubbio se sia meglio nascere e far parte di quel mondo corrotto o se sia meglio non nascere affatto. Vivere o non vivere, essere o non essere.
Come nel monologo shakespeariano l' Amleto moderno si chiede cosa sarà del futuro dell'umanità e se valga la pena nascere e combattere, o semplicemente accettare.
“Nel volume nuovo, una delle numerose trame da risolvere è la seguente: riusciranno i nostri nove miliardi di eroi a sfangarla senza uno scambio di cortesie nucleari? Pensatela come uno sport di contatto. Allineate le squadre. India contro Pakistan, Iran contro Arabia Saudita, Israele contro Iran, Usa contro Cina, Russia contro Usa e Nato, Corea del Nord contro resto del mondo. Per accrescere le probabilità di punteggio, aggiungete altre squadre: affluiranno i giocatori dei non-stati.
Quanto sono decisi, i nostri eroi, a surriscaldare il focolare domestico? Un modesto grado punto sei, proiezione o speranza di un pugno di scettici, basterà a spalancare la tundra a montagne di frumento, ad aprire pittoresche taverne sulle spiagge del Baltico, a popolare di farfalle sgargianti i Territori del Nordovest. All’estremità piú cupa del pessimismo, un cambiamento di quattro ventosi gradi in piú alternerà i disastri gemelli di alluvioni e siccità scatenando il tetro maltempo dei tumulti politici. Altra tensione narrativa arriverà da sottotrame di interessi locali: che ne sarà del Medio Oriente, rimarrà preda del suo eterno fervore, si riverserà in Europa trasformandola una volta per tutte? È ipotizzabile che l’Islam immerga un’estremità febbricitante nel fresco stagno della riforma? O che Israele conceda qualche centimetro di deserto agli sfrattati? Il sogno laico di un’Europa unita potrebbe dissolversi dinanzi a odi antichi, meschini nazionalismi, catastrofi finanziarie, discordia. O al contrario mantenere la rotta. Io lo devo sapere. Gli Stati Uniti andranno incontro a un lento declino? Poco probabile. Saprà la Cina sviluppare una coscienza? Saprà farlo la Russia? E la finanza globale, le grandi corporation? E poi entrino in scena le intramontabili meraviglie del genere umano: il sesso e l’arte, il vino e la scienza, le cattedrali, il paesaggio, la ricerca di un senso piú elevato. E 
“infine, l’oceano dei desideri personali, come i miei: piedi nudi su una spiaggia davanti al fuoco, pesce alla griglia, succo di limone, musica, la compagnia di amici, qualcuno che mi ama, e che non sia Trudy. Il libro che mi spetta per diritto di nascita.
Perciò ora mi vergogno del mio tentativo, e ringrazio la sorte del mio fallimento. Claude (il quale intanto canticchia a gran voce nel bagno rimbombante) dovrà essere acchiappato altrimenti.”

La vita è caos e solo la poesia e la bellezza possono mettere fine al caos. Il feto si trova suo malgrado ad essere testimone del disfacimento della sua famiglia metafora di un a realtà marcia. Il  padre John è il personaggio poetico e  romantico che legge Keats e che può modificare le cose. Ma viene ucciso e per questo deve essere vendicato come il re giusto, padre di Amleto lo è nella tragedia shakespeariana.
Romanzo geniale di Ian McEwan, diverso dagli altri suoi romanzi; sarcastico, intelligente e divertente, a tratti sentimentale.
Un romanzo che ti convince sempre di più e ti conquista pagina dopo pagina

lunedì 17 aprile 2017

Neve,cane,piede di Claudio Morandini

Carissime, carissimi, avrete già letto su questo blog e altrove della ormai famosa iniziativa di Modus Legendi. I membri di un gruppo Facebook chiamato Billy, il vizio di leggere, scelgono da  una rosa di cinque titoli quello da acquistare tutti insieme durante una settimana stabilita , così da smuovere il mercato dei libri e far si che un gruppo di lettori, amanti della qualità, possa far salire in classifica un romanzo di una piccola casa editrice. È quello che è successo a Neve,cane, piede di Claudio Morandini edito da Exorma, che a fine febbraio è balzato al settimo posto delle classifiche dei romanzi italiani più venduti.I Billyni non si sono sbagliati, questo romanzo, o meglio racconto lungo, è  veramente degno di nota e di essere letto.

Adelmo Farandola (l'autore  lo chiama sempre con nome e cognome) è  un personaggio complesso difficile da definire , sicuramente scontroso,schivo ,ritroso come un animale selvatico. Da anni si è rifugiato sui monti evitando sempre di più il contato con altri umani che tiene a distanza e trovandosi a proprio agio con il freddo e la solitudine.
 Il paesaggio della conca è impervio , roccioso ,spigoloso e inavvicinabile come Adelmo che difende  la sua solitudine lanciando pietre a chiunque provi ad avvicinarsi. Il suo carattere è però ammorbidito dalla presenza di un cane che un giorno  decide di seguirlo. All'inizio Adelmo non è propenso a tenerlo, ma poi il cane si rivela la migliore compagnia che possa capitargli, non ha pretese, non è invadente come gli umani ,si adatta alle sue esigenze e  potrebbe tornargli utile per tenere a bada gli uomini o potrebbe addirittura diventare cibo in caso di necessità. Così Adelmo finisce a dialogare con il cane che diventa il suo alter ego.
Alcune volte si avvicina al suo nascondiglio un guardacaccia . Adelmo è diffidente, il guardacaccia è in uniforme e bisogna stare attenti ,rappresenta il controllo delle istituzioni e la legge. Ciò che spinge il guardacaccia ad avvicinarsi ad Adelmo è da una parte la curiosità di scoprire il motivo che può aver portato l'uomo a ritirarsi in montagna,quindi la diffidenza e il tentativo di controllare se ha un'arma  e il porto d'armi; ma forse si tratta solo di necessità di parlare con qualcuno perché anche il guardacaccia è in fondo un uomo solo. 
Adelmo si dimentica le cose , forse è  malato di una demenza senile peggiorata dalla routine di una vita monotona e schiva.Si preoccupa di trovare posti sempre più appartati, soprattutto in prossimità del disgelo e della stagione estiva che porta turisti.La presenza umana ritorna sotto forma di un piede che spunta dalla neve e che minera' l'equilibrio psicologico  già precario di Adelmo.
 Lo stile di Morandini asciutto e mai banale , non solo presenta e descrive un personaggio credibile, ma ti fa entrare direttamente dentro il personaggio,la sua solitudine e il suo essere burbero schivo e diffidente, ti fa sentire il freddo e ti fa percepire gli odori o meglio le puzze.Pur essendo un personaggio estremo ti trovi a condividere qualche suo aspetto.Chi di noi non ha mai pensato di voler andare a vivere da eremita lontano da tutti per un po' .Il tono è ironico e finisci col ridere di questo uomo burbero.
"Gli ultimi solitari continuano a somigliare a grossi animali schivi, a mostri scorbutici per metà orsi e scimmiotti e per metà alberi di natale, che un po' fanno paura un po' pena e si finisce per ridere di loro"
Si potrebbe azzardare un parallelo con Vladimir e Estragon di Aspettando Godot di Becket , in fondo anche qui c'è l'attesa di qualcosa e si passa il tempo a fare nulla, nello svolgimento di una vita assurda.

La gente immagina che la montagna sotto la neve sia il regno del silenzio. Ma neve e ghiaccio sono creature rumorose, sfrontate, beffarde. Tutto scricchiola, sotto il peso della neve, e sono scricchiolii che tolgono il respiro, perché sembrano preludere allo schianto di un crollo. Gli assestamenti delle masse di neve e di ghiaccio rimbombano a lungo, attraversando la terra sotto i piedi e trasmettendosi all’aria. Le grandi valanghe parlano con boati spaventosi, che riempiono di orrore, e con il sibilo feroce dello spostamento d’aria. Ma anche le semplici slavine tuonano e riecheggiano nei valloni, e quel suono oscilla tra le pareti di roccia ben oltre il cedimento.
I passi cigolano con pena, sulla neve giovane, e ogni passo sembra un singhiozzo di pianto. Ogni fiocco percuote le finestre e le superfici con un rumoretto nervoso, come una voltata di pagina di un libro troppo lungo. E quando la temperatura si fa meno rigida, ecco che i blocchi di ghiaccio urlano fino a spaccarsi, sono colti da scariche di tosse, indulgono a fragori di tuono o di scoreggia.
Sono i rumori familiari dell’eterno inverno per Adelmo Farandola sepolto dalla neve. Là sotto, nella baita compressa dai metri di neve, tutto giunge attutito, ma giunge. E quel baccano che perdura anche di notte sembra modularsi come una partitura di voci.


Adelmo Farandola ogni tanto si ricorda dei cavi che gli hanno ronzato sulla testa durante tutta l’infanzia. Le case del paese in cui era nato si stringevano proprio sotto il passaggio dell’elettrodotto, tra un pilone e l’altro, e quei cavi altissimi ronzavano giorno e notte. Quando il vento cessava, quando lo scampanio delle vacche si placava nel sonno, il ronzio aumentava fino ad assorbire i pensieri. Allora gli uomini credevano di diventare matti, urlavano per non sentire in testa il ronzio, picchiavano le donne, picchiavano le bestie, si scolavano bottiglie di vino per diventare sordi, partivano per i campi e non tornavano più. Tutti matti diventiamo, diceva la sua povera mamma. E anche il papà lo diceva, prima di prendere un bastone e rincorrere il figlio come se la colpa di quel ronzio fosse di quest’ultimo. Tutti matti, tutti matti, dicevano gli abitanti del borgo, che attribuivano ai cavi l’origine di tutti i loro mali e non ricordavano più le infinite botte che erano volate prima che gli operai venuti da fuori costruissero i piloni e stendessero i cavi. Le bestie morivano senza una ragione, o davano di matto nei prati, e si uccidevano a cornate le une con le altre, i piccoli delle bestie (non tutti, d’accordo, solo alcuni) nascevano deformi o già morti. Sono i cavi, i cavi, diceva la mamma, e si faceva il segno della croce.
Adelmo Farandola si è convinto da un pezzo che se qualcosa non va nella sua testa è per via di quegli anni passati sotto i cavi dell’elettrodotto. Sono matto, sono matto, si ripete allora, senza enfasi però, come fosse una normale constatazione, perché a qualcuno quei cavi dovevano pur toccare, e sono toccati a lui.
– Sono matto? – chiede anche al cane.
– Diciamo un po’ strano, sì.
– Sono i cavi dell’alta tensione.
l cane alza lo sguardo, non ne vede. – Quali cavi?
– Quelli di quand’ero bambino.

venerdì 6 gennaio 2017

La pioggia prima che cada di Jonathan Coe

Coe mi ha conquistato ancora ,questa volta con una storia tutta al femminile raccontata magistralmente da un uomo. Coe è riuscito a penetrare l'universo della psicologia femminile raccontando storie di donne attraverso la voce di una narratrice donna.

 Gill informata della morte della zia Rosamund, anziana sorella della madre, si reca nello Shropshire dove la donna viveva sola. Rosamund è stata trovata morta dal medico ,un disco sul grammofono ,un album di fotografie sul tavolo e un microfono in mano collegato ad un registratore; vicino a lei  un buon whisky e una boccetta di Diazepam.  Qui Gill apprende di aver ereditato un terzo delle proprietà della zia; gli altri due terzi vanno a suo fratello David e ad una certa Imogen. Gill e David fanno fatica a capire chi possa essere questa Imogen. Gill ricorda vagamente di una bambina non vedente il giorno del cinquantesimo compleanno di sua zia ;inoltre Rosamund le ha lasciato anche 4 cassette da consegnare a questa Imogen.
Con l'aiuto delle figlie, Gill cerca in tutti i modi di rintracciare Imogen, ma senza successo; così, un pomeriggio, le tre donne decidono di ascoltare i nastri incisi da Rosamund, sperando di trovare qualche altro indizio per rintracciare la misteriosa "bambina"  ormai trentenne.



Anche il lettore si siede ad ascoltare la voce calma e suadente dì Rosamund che racconta attraverso la descrizione dettagliata di 20 foto ,fatta per una ragazza non vedente, la storia della sua vita e della sua famiglia attraverso tre generazioni . Il tono leggero e nostalgico delle prime foto diventa sempre più duro e severo per raccontare di errori,  dolori, rimpianti e cattiverie. Ci immergiamo in un'altra epoca ,in uno spaccato di storia e società inglese dagli anni 40 agli anni 70/80. Ci immedesimiamo nelle figure femminili e condividiamo le loro fragilità, i sentimenti e gli errori.  Coe ci racconta di scelte e matrimoni sbagliati, di rapporti difficili tra madri e figlie, di sofferenza di figlie indesiderate e madri inaffettive , di tradimenti, di gelosie e rancori, di egoismi e odi, di verità difficili da raccontare.
La storia non si conclude con le registrazioni di Rosamund che non conosce la fine, sarà Gill a scoprire cosa sia successo dopo.
Il racconto scorre asciutto attraverso i ricordi di Rosamund e ci coinvolge emozionandoci. Non solo, ci fa riflettere sugli errori che ci capita di commettere nella nostra vita e che possono far soffrire.

La frase del titolo viene pronunciata dalla piccola Thea, la madre di Imogen: "Be, a me piace la pioggia prima che cada"....."certo che non esiste una cosa così, è proprio per questo che è la mia preferita. Qualcosa può ben farti felice,no? Anche se non è reale."