lunedì 7 marzo 2016

I frutti del vento di Tracy Chevalier

Primavera 1838.La vita non è semplice nella Palude Nera (Ohio)per la famiglia Goodenough e la malaria si è portata via già 5 dei 10 figli. Del resto non avevano altra scelta 9 anni fa quando hanno lasciato il Connecticut per tentare la fortuna ad ovest. Sadie non piaceva alla famiglia del marito, avevano troppi figli da sfamare e grossi problemi economici.
Ma ora Sadie proprio non riesce ad amarla quella terra  e prova odio e insofferenza verso suo marito che li ha condotti qui, fuori dal mondo, e si intestardisce a coltivare quei maledetti alberi di mele, che sembrano più importanti della sua famiglia. Una legge locale promette la terra a chi è capace di far crescere 50 alberi da frutta e questa sembra essere diventata la sua unica ragione di vita. Così la donna sfrutta il sidro, la bevanda estratta dalle mele, per stordirsi e ubriacarsi ,tradisce il marito e sarebbe disposta a distruggere tutte quelle piante per fargli dispetto. La tensione arriva al massimo fino a quando il figlio più piccolo, Robert, fugge in seguito a un evento traumatico. Cosa può costringere un individuo a separarsi dai suoi cari e abbandonare le sue origini?
 Il racconto si sposta al 1856. Robert è un uomo adulto. Negli anni trascorsi si è spinto sempre più ad ovest fino ad arrivare a  San Francisco, ha conosciuto persone diverse , ha accettato le sfide per sopravvivere , crearsi un futuro e dimenticare il suo passato. Gli anni passati ci sono svelati attraverso lettere scritte alla sorella, mai lette o lette troppo tardi.
Un romanzo intenso che descrive con la solita precisione della Chevalier lo sfondo storico degli albori dell’America, dei pionieri, dei cercatori d’oro , di contadini in cerca di terre per ricominciare  e avere una vita dignitosa. Si descrive la determinazione di un popolo capace di adattarsi, di lottare  e sfidare le difficoltà per raggiungere il successo e la felicità. La natura può assumere il ruolo di madre o di mortale nemica .
La coltivazione delle mele e dei tipi di mele ci viene raccontata con grande ricchezza di dettagli e precisione. Il buon sapore delle mele serve ad addolcire l’amarezza e la fatica della vita. James sa tutto sulle sue trentotto piante di melo ,da quelle nate dai rametti della mela Golden portata con sé dal Connecticut, che sapeva di miele, noci e ananas ,all’alberello che aveva comprato da John Chapman  vendendo una pelle d’orso.

“Il frutteto dei Goodenough non aveva niente di sbalorditivo, ma agli occhi di James rappresentava la prova che un fazzoletto di terra, almeno, si può domare”

Ma c’è anche la famiglia, difficoltà di crescere, di prendere le proprie decisioni, di interagire con gli altri, di riscattarsi. La Palude Nera è la metafora della vita difficile da affrontare e che ci mette l’uno contro gli altri e i protagonisti si chiamano “Goodenough”, ovvero abbastanza buoni. Bisogna trovare il coraggio di lottare, di abbandonare il passato e vedere con ottimismo al futuro. La lettura scorre veloce e i personaggi ci entrano dentro piano piano con le loro storie e sentimenti.

«Rincuorato dalle parole affettuose di Molly, Robert si infilò la mano in tasca, toccando il fazzoletto con dentro i semi che gli aveva portato Martha. I semi erano duri a morire, avevano bisogno solo del posto giusto per risvegliarsi. E il cuore l’avrebbe aiutato a riconoscerlo».

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